«Il pellegrinaggio è un mezzo per raggiungere
la saggezza e la pace dell’animo
la saggezza e la pace dell’animo
passando per luoghi e persone». (Herman Hesse)
(il botafumero di Santiago - foto di Mauro Beccaria)
Eccomi qui a riflettere e dalle mie recenti ricerche leggo che (...) i «cammini
rivestono un’importanza significativa non solo dal punto di vista storico ma
anche per il mondo attuale che spesso rischia di perdere le sue radici,
soprattutto per quanto riguarda le giovani generazioni».
Il
pellegrinaggio esiste da sempre, ma il significato è cambiato. «Attualmente il
paradigma turistico del viaggiare come uno svago fine a se stesso sta arrivando
al suo esaurimento, mentre comincia a manifestarsi l’esigenza di intendere il
viaggio come una ricerca di significato, di esperienza, che le persone tentano
di trovare. L’uomo del nostro tempo, che vive nel “villaggio globale”, non può
evitare d’imbattersi nel mistero del dolore, della precarietà. Egli ha bisogno
della mediazione del sacro per dare un significato alla propria esistenza».
Diventa un’esperienza
globale, perché coinvolge nel corpo e nello spirito; è
inoltre un modo per socializzare, per far incontrare le culture, in
un periodo in cui si manifesta una contraddizione per certi versi paradossale: (…) l'«affermazione
delle differenze è diventata un’esigenza molto più sentita che in passato. Il
pellegrinaggio è quindi l’esperienza adatta per chiunque stia cercando una
risposta, un senso al proprio vivere quotidiano». Durante il viaggio si impara “linguaggio dell’arte” attraverso le tante basiliche e misericordie e parrocchiali in cui si trova spesso ospitalità; il "linguaggio della natura" che nella sua immediatezza svela il Creatore; il “linguaggio del sudore”, nel camminare in silenzio, lottando con le
proprie forze fisiche ed i propri limiti, che è a sua volta un’importante forma
di espressione.
La meta è l'incontro con il Santo, cui è dedicato il santuario, la tomba o la custodia di reliquie. Di fronte alla sua umanità, si incontra la sua grandezza. Io stessa ho pianto sulla tomba di S. Thétèse de Lisieux o quella di S. Francesco d'Assisi, ma non di tristezza, bensì di profonda commozione! ho sentito la meraviglia dello Spirito. Loro son vicini a Dio, ci "tirano su". Ci ricordano che siamo in cordata.
«In tal
modo il pellegrinaggio diventa un’esperienza di contemplazione, e questa è
sicuramente una dimensione che dobbiamo recuperare, che avviene all’interno di
una realtà ecclesiale: esso non è una gita né qualcosa da fare da soli, indipendentemente
dagli altri, dal momento che si tratta della Chiesa che va alla ricerca dello
Sposo: basti pensare ad alcuni brani del Cantico dei Cantici, nei quali viene
descritta la sposa che va alla ricerca dell’amato. Il pellegrinaggio fa parte
di questo andare incontro al Signore per incontrare il suo volto.
Questo
va cercato infine nei fratelli che ci accompagnano lungo il percorso. Perciò
quando si partecipa ad un pellegrinaggio non bisogna partire soltanto con la
macchina fotografica per catturare delle belle immagini, ma si deve soprattutto
cercare di incontrare le persone. I fratelli che troviamo nei posti che andiamo
a visitare e coloro che viaggiano insieme a noi sono un piccolo riflesso, una
finestra per scorgere il volto dell’Amato che continuamente cerchiamo».
(Padre Caesar Atuire amm. del. Opera romana pellegrinaggi)
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